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Occhio pigro, come trattarlo. Grandi risultati grazie al Retimax

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Una tecnologia innovativa adottata al Centro Cardinal Ferrari. La dottoressa Chiari: “è fondamentale la diagnosi precoce, ma oggi è possibile intervenire anche in fase tardiva”

Si manifesta in età pediatrica e rappresenta la principale causa di disabilità visiva tra i bambini.

È l’amblopia, più comunemente conosciuta come “occhio pigro”.

Un disturbo legato ad un non corretto sviluppo visivo e neuronale, caratterizzato da una ridotta visione in uno degli occhi.

«In questi casi se non si interviene stimolando le connessioni nervose col cervello l’occhio diventa pigro, quindi screening ortottici per la diagnosi ed il trattamento precoce sono fondamentali per avere il maggior margine di recupero, la prima visita oculistica è infatti consigliabile tra i tre e i quattro anni - spiega la dottoressa Margherita Chiari, oculista del Centro Cardinal Ferrari di Fontanellato, ospedale specializzato nella riabilitazione visiva di adulti e bambini.

«Trattare l’ambliopia precocemente significa intervenire entro i sei anni di età con terapie di stimolazione – afferma - un esempio classico: la benda applicata sull’occhio dominante per correggere la visione ridotta dell’occhio più debole».

Ma se non si interviene cosa succede? «In passato sembrava impossibile, ma oggi l’occhio pigro può essere trattato anche più tardi e perfino in età adulta, con interventi riabilitativi mirati, al Centro Cardinal Ferrari interveniamo con la tecnologia Retimax Vision Trainer – aggiunge -.

Si tratta di tecnica non invasiva applicabile dall’età di otto anni che ha lo scopo di aumentare la funzione visiva, prevede dieci sedute di circa mezz’ora con la possibilità di qualche seduta di richiamo una volta all’anno».

Un sistema innovativo in grado di rilevare il potenziale visivo associato ad un feedback sonoro.

Il Retimax nasce per l’amblopia, ma è efficace anche nel trattamento di svariate patologie oftalmologiche.

L’ospedale di Fontanellato da anni lo utilizza nella riabilitazione delle gravi disabilità visive secondarie a traumi e cerebrolesioni acquisite ottenendo risultati incoraggianti, talvolta addirittura sorprendenti.

Un’opportunità che tramite il Poliambulatorio è aperta ora anche agli utenti esterni, non ricoverati, che possono richiedere una visita specialistica per valutare se c’è l’indicazione a questo trattamento.

«Oggi non c’è ancora una vera cultura della riabilitazione visiva – conclude la Chiari-, siamo in pochi ad utilizzare il Retimax, nonostante il recupero della visione sia fondamentale per il miglioramento della qualità di vita.

Con l’esperienza e grazie anche ai progressi tecnologici possiamo ottenere risultati che fino a pochi anni fa non era possibile raggiungere».

Per prenotare una visita chiamare il numero 0521 820211 Come funziona il Retimax Il paziente è seduto di fronte a un monitor a quadrati bianchi e neri di dimensioni e contrasto variabili.

Durante la fissazione di questo stimolo strutturato un segnale bioelettrico viene prodotto nella retina, vie visive e aree corticali.

Un segnale acustico aumenterà in altezza guidando il paziente nella sua ricerca di una fissazione, accomodazione e attenzione migliori e insegnandogli a controllare maggiormente tali funzioni.

Un grafico misura in termini oggettivi l’ampiezza del potenziale e quindi la conseguente efficacia del trattamento.

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