
Tumore all'utero, come riabilitare il pavimento pelvico
LEGGI ARTICOLOIl trattamento è sempre personalizzato, tenendo conto delle cause e delle condizioni della paziente
I tumori sono responsabili di circa il 25% delle morti nella popolazione femminile. La più frequente neoplasia per le donne è il tumore del seno (nel 2016 sono stati stimati 50. 000 nuovi casi), mentre il tumore dell'endometrio, è il quarto per diffusione fra i carcinomi, dopo mammella, polmone e colon. Nonostante le tante campagne di sensibilizzazione ai controlli di prevenzione, solo il 73 %, delle donne tra 50 e 59 anni, e il 68% di quelle tra 60 e 69 anni ha eseguito uno screening mammografico e solo il 72%, tra 25 e 34 anni, ha eseguito uno screening per la neoplasia della cervice uterina.
Il tumore dell’utero è una neoplasia sempre più frequente e di impatto rilevante sulla popolazione femminile. Le masse tumorali dell’utero possono presentarsi in forme benigne (fibromi e polipi) curate o asportate senza particolari problemi. In certi casi, invece, hanno natura maligna e rappresentano un rischio molto grave. I tumori maligni dell'utero si distinguono in: tumore del collo dell'utero (o cervice), tumore del corpo dell'utero (i tumori dell’endometrio).
Dopo un intervento chirurgico di isteroscopia, può essere utile sottoporsi a trattamenti di riabilitazione del pavimento pelvico, settore della medicina riabilitativa che valuta le disfunzioni dell’area pelvi-perineale. È un trattamento che punta al recupero funzionale del pavimento pelvico, per prevenire i disturbi e per migliorare la qualità di vita. Il trattamento è sempre personalizzato, tenendo conto delle cause e delle condizioni della paziente.
In generale, le metodiche riabilitative attualmente in uso sono: chinesiterapia pelvi-perineale, esercizi di contrazione e di rilassamento dei muscoli del pavimento pelvico, si fonda sull'esercizio terapeutico dei muscoli del pavimento pelvico (soprattutto il muscolo pubo-coccigeo e l'elevatore dell'ano); elettrostimolazione funzionale (una tecnica per provocare contrazione muscolare che generi un movimento funzionale nei casi di difficoltà a contrarre i muscoli perineali); biofeedback (che, attraverso l’uso di segnali visivi e/o acustici, aiuta l’esecuzione corretta della ginnastica pelvica registrando contrazioni o rilassamento muscolari non percepiti dalla paziente).
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