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Recupero di coscienza, possibile il rientro a domicilio?

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De Tanti: “La famiglia va supportata, il team riabilitativo ha il compito di sostenerla nei processi decisionali per trovare la migliore soluzione possibile

Uno studio multicentrico su 492 pazienti in stato vegetativo in 29 strutture riabilitative italiane per fare il punto sugli esiti del recupero di coscienza. Questo in sintesi lo scopo della ricerca scientifica pubblicata di recente che ha tra gli autori anche il primario del Centro Cardinal Ferrari (Gruppo Santo Stefano) Antonio De Tanti. Una ricerca importante perché a differenza di altri studi sul recupero della coscienza di soggetti in stato vegetativo, l’analisi non si è concentrata sull'identificazione di fattori prognostici, ma sull'esito funzionale dei pazienti in stato vegetativo a causa di grave danno cerebrale acquisito (ABI).

“Aldilà delle finalità scientifiche della nostra ricerca che ci aiuta a capire la differenza degli esiti in soggetti diversi per eziologia, età, dati demografici, lo studio solleva il problema sanitario dell’assistenza “post risveglio” – spiega De Tanti - . La possibilità che una persona torni a domicilio dipende da diversi fattori, possono influire la dimensione del nucleo famigliare, le condizioni economiche e sociali della famiglia, le agevolazioni ed i sistemi assistenziali sui quali si può far leva nei diversi territori di provenienza”.

Attualmente, infatti, vi sono regolamentazioni diverse a seconda delle regioni, con ricadute sulle possibilità di scelta delle famiglie. I percorsi assistenziali del Sistema Sanitario non sono uniformi, in alcune regioni le agevolazioni sono limitate agli stati vegetativi, in altre sono estese alle gravi cerebrolesioni, in alcune aree del nostro Paese non esistono strutture e centri specializzati per accogliere pazienti in stato vegetativo o con esiti da stato vegetativo.

Considerando che dallo studio emerge che i pazienti pur avendo un recupero di coscienza hanno comunque gravi disabilità. La famiglia è  titolare del paziente nei percorsi decisionali, legati alle condizioni  psicologiche e dimensione del nucleo famigliare. Il team riabilitativo ha il compito di supportare la famiglia, fornire tutte le informazioni sugli ausili che possono essere prescritti per l’assistenza, deve riuscire a coinvolgere la famiglia nei processi decisionali.

Ci sono pro e contro delle soluzioni: rientro a casa con ausili; verificare con la famiglia una struttura protetta ideale e convenzionata. I soggetti coinvolti dallo studio. Lo studio ha coinvolto 492 pazienti in stato vegetativo, determinato da evento traumatico (TBI) o non traumatico (NTBI),  ricoverati in 29 unità di riabilitazione italiane, confrontando i dati demografici e clinici. I dati demografici e clinici registrati includevano età, sesso, eziologia, punteggio della Glasgow Coma Scale; intervallo di insorgenza; durata del soggiorno nell'unità di riabilitazione; il dipartimento da cui sono stati inviati; e la presenza di gastrostomia percutanea endoscopica o tracheostomia.

Il recupero di coscienza e disabilità è stato valutato utilizzando una scala di valutazione della disabilità di scarico. I risultati. Alla dimissione, risultava che il 53,11% dei pazienti era uscito dallo stato vegetativo, con una differenza di recupero tra i soggetti TBI e quelli NTBI. I soggetti con NTBI avevano una prognosi significativamente peggiore rispetto a quelli con TBI e, all'interno del gruppo NTBI, i soggetti con eziologia cerebrovascolare avevano un esito migliore rispetto a quelli con una eziologia anossica.

Tra i pazienti, il 71,30% di TBI e l'83,06% di soggetti affetti da NTBI presentavano una disabilità estremamente grave. Solo il 37,93% dei soggetti affetti da TBI e il 17,44% di quelli affetti da NTBI che presentavano una grave disabilità sono tornati a casa dopo la loro riabilitazione. Grave disabilità. Sebbene quasi la metà dei pazienti sia uscito dallo stato vegetativo, un gran numero di questi soggetti ha mostrato una grave disabilità, rendendo difficile o impossibile il loro ritorno a casa.

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